La drammatica pandemia che in questo ultimo anno ha letteralmente invaso e messo in ginocchio la nostra bella e amata Italia, ci pone quotidianamente di fronte a grandi bivi: negazionismo e ammissione, e conseguentemente Vax e Antivax.

I tragici bollettini che si sono susseguiti nel tempo, l’elevata letalità e facilità di contagio di questo nuovo e violento virus e l’impotenza spesso palesata dagli operatori sanitari, hanno fatto sì che numerosi laboratori di ricerca e diverse ditte farmaceutiche, abbiano messo a disposizione tutte le competenze scientifiche di squadra, attuando la progettazione di un vaccino.

La concretizzazione di un vaccino anti-covid ha determinato inevitabili dibattiti. Vi sono infatti diverse posizioni a riguardo: c’è chi sostiene la necessità di rendere tale vaccinazione obbligatoria, chi vorrebbe che fosse una libera scelta, e c’è infine un forbito gruppo di ferventi cattolici e obiettori di coscienza, che addirittura sostiene che tale infusione sia immorale.

Ma facciamo un passo indietro nel tempo …

Negli anni Settanta  il biologo molecolare e virologo olandese Alex van der Eb, all’Università di Leiden, si avvalse dell’utilizzo di alcune cellule embrionali renali, ricavate da feti abortiti, per la messa a punto di alcuni potenziali vaccini ricombinati.  Le “eredi” di tali cellule fetali vennero utilizzate nel corso degli anni nei laboratori di ricerca e nelle industrie biotecnologiche.

Va da sé che la ferma posizione dei cattolici, naturalmente contrari a qualsiasi forma di aborto, si dimostra intransigente a questo spinoso argomento, rifiutando categoricamente anche la semplice idea di vaccinarsi.

Purtroppo, non tutti i tipi di aborto vengono catalogati come IVG. Esistono infatti gli aborti spontanei, gli aborti terapeutici, che arrecando alla donna un’ immensa sofferenza, la catapultano nel baratro del vuoto, del buio e della depressione.

Ma cerchiamo per una volta di guardare il bicchiere mezzo pieno, e proviamo a pensare che da una forma di sofferenza possa scaturire una grazia.

Un bambino mai nato può in questo caso “offrire” un importante contributo alla società: salvare vite umane. In che modo? Ad esempio con un’ipotetica “immunità di gregge”, raggiungibile appunto con il vaccino stesso, mettendo al sicuro anche le persone non vaccinate. Peraltro questo nuovo tipo di vaccino, messo a punto in pochi mesi, grazie all’esperienza e ai numerosi strumenti all’avanguardia, non prevede l’inoculo del virus stesso, ma di una falsa proteina spike che, mimando l’azione di quella originale, “confonderebbe le idee” al recettore del virus in questione, in modo ottimale, impedendone l’interazione.

Proviamo adesso a pensare a tutte quelle mamme che hanno subìto un aborto. Una nuova consapevolezza che un bambino mai nato possa in tal modo “generare nuova vita”, potrebbe aprire nuovi orizzonti ad una visione più ottimistica e ad un giusto equilibrio tra scienza e fede.

Dott.ssa Mariastella di Maggio

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